Exum, Vonleh e Payne: deludenti si, ma non affrettiamo i giudizi

Dopo avere raccontato di giovani talenti, dolorosi infortuni ed inattese, quanto piacevoli sorprese, tocca oggi affrontare lo spinoso tema di chi, fino a questo momento, non può che essere considerato come un flop. Quando si parla di giocatori che per un motivo o per un altro hanno disatteso le aspettative iniziali, non è mai cosa semplice. Nell’analisi (superficiale) che proveremo a fare, cercheremo di tenere conto di fattori essenziali, quali: l’età, il contesto di squadra e l’inevitabile periodo di adattamento ad un mondo fantastico, ma totalmente nuovo, di cui molti, hanno necessariamente bisogno.
Dante Exum: 4.7 punti, 1.5 rimbalzi, 2.3 assist.
Per fortuna abbiamo iniziato con una doverosa premessa: non solo, infatti, Exum è un ragazzo poco più che maggiorenne (classe 1995), ma gioca pure negli Utah Jazz (19-34 il record in stagione regolare) e fino all’anno scorso militava nell’Australian Institute of Sport, un college di giovani promesse con sede a Canberra. Rispetto a molti dei suoi colleghi, la quinta scelta allo scorso draft, non solo si è dovuta scontrare con le incognite e le difficoltà del primo anno nella NBA, ma addirittura con il frenetico lifestyle dei “cugini” americani, assai diverso per ritmi ed abitudini, rispetto a quello dei kangaroos. Eppure, per tutto il corso della stagione scorsa, nelle stanze dei bottoni della NBA non si è fatto altro che parlare di quel ragazzino mingherlino in grado di spiegare pallacanestro dall’altra parte del mondo e che molti avrebbero voluto addirittura prima scelta assoluta. L’hype attorno al nativo di Melbourne era letteralmente esploso in seguito alla sua partecipazione al Nike Hoop Summit del 2013, quando con 16 punti, 3 rimbalzi e 2 assist aveva condotto al successo il World Select Team contro l’USA Junior Select Team. La sua ottima stagione nel campionato australiano ha poi definitivamente convinto il GM dei Jazz, Dennis Lindsey, a spendere per lui una chiamata altissima, nonostante la presenza nel roster di un giocatore simile come Trey Burke. Nel corso delle sue prime 50 partite nella NBA, Exum, sta pian piano cercando di trovare la propria dimensione all’interno di una squadra tra le più disfunzionali della lega, come testimoniato dalla costante crescita del suo minutaggio. Ciò che maggiormente preoccupa dalle parti di Salt Lake City, è però la sinistra tendenza dell’australiano a forzare le proprie conclusioni, con l’inevitabile precipitare delle percentuali al tiro. Al momento, il numero 11 dei Jazz tira con il 35% da 2, con il 30% da 3 ed il 62% ai liberi, numeri assolutamente sotto media e che non possono in alcun modo essere considerati in maniera positiva. "Il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette", per dirla alla DeGregori, ma per ora, il giudizio è rimandato a settembre…
Noah Vonleh: 3 punti, 2.4 rimbalzi, 0.2 assist.
Forse dirò qualcosa di profondamente impopolare ma, per me, il “one-and-done", come la fantozziana “corazzata Potëmkin”, è una… ci siamo capiti! Giudicare un giocatore, a meno che questi non si chiami Anthony Davis, Derrick Rose o Kyrie Irving, solo sulla base di un’unica stagione giocata a livello collegiale, è troppo complesso, a tratti impossibile. Di certo non si sono sbagliate, le varie Indiana (per la quale Noah Vonleh ha giocato nella passata stagione), Kansas, North Carolina, UCLA e Ohio State, tutte le squadre che hanno fatto la corte serrata al giocatore in uscita dalla Haverhill High School, ma forse (ancora una volta) lo hanno fatto gli Charlotte Hornets. Nessuno qui vuole mettere in discussione il talento del nativo di Haverhill, Massachusetts, ben inteso, ma spendere una chiamata così alta come la numero 10, solo sulla base di una pur ottima stagione (chiusa con una media di oltre 11 punti e 9 rimbalzi a partita), è stato decisamente un azzardo. Rich Cho ha infatti perso la possibilità di puntare sui vari McDermott, McGary, Napier e Bogdanović, più esperti e funzionali per una squadra ancora alla disperata ricerca di una propria identità. Fatto sta che dopo appena 11 partite, Vonleh è stato spedito in D-League agli Fort Wayne Mad Ants a causa dello scarsissimo minutaggio, salvo essere richiamato poco dopo in prima squadra dove però continua a collezionare DNPCD (Did Not Play-Coach's Decision).
Adreian Payne: 1.7 punti, 1.3 rimbalzi, 0 assist.
Dispiace, inutile negarlo, perché Adreian Payne è un ragazzo d’oro. La sua amicizia con la piccola Lacey Holsworth ha commosso tutti gli appassionati di pallacanestro e non solo, ma il nostro giudizio non può essere influenzato da fattori che poco hanno a che fare con il parquet. La 15esima scelta all’ultimo draft è sicuramente una delle maggiori delusioni fino a questo punto della stagione. Gli Hawks, che lo hanno scelto, sono la squadra rivelazione di questa stagione, un macchinario perfetto, composto da tanti piccoli ingranaggi perfetti a loro volta, sapientemente assemblati da Mike Budenholzer. Eppure, nonostante la profondità delle rotazioni e la lungimiranza dell’ex braccio destro di Gregg Popovich, lo spazio per il prodotto di Michigan State è sempre stato poco, forse anche fin troppo. La sua prima parte di stagione è stata caratterizzata da un continuo saliscendi, stile montagne russe, tra la prima squadra e la D-League e l’esordio tra i pro è arrivato solo lo scorso 26 dicembre (Merry Christmas Adreian) contro i Milwaukee Bucks. Da quel momento, solamente altri 7 minuti sul parquet per un totale di 3 miseri punti. Pochi giorni fa, il nativo di Dayton, Ohio, è stato spedito a Minneapolis in cambio di una futura prima scelta protetta, e la speranza è che nel calderone di talento a disposizione di Flip Saunders, possa esserci posto anche per il protetto di Tom Izzo.