Tra baseball e basket: la storia di Pat Connaughton, atleta d'altri tempi
Pat Connaughton è parte del roster dei Portland Trail Blazers che stanno giocando la Summer League in quel di Las Vegas, con un esordio non certo da ricordare, 0/5 in 30 minuti sul parquet, ma 6 assist, che dimostrano la bontà delle sue mani. Certo, magari in Nba si tende a dare un aiutino agli esterni a rimpinguare le proprie statistiche, ma le mani del ragazzo da Notre Dame sono la chiave della nostra storia, quella di un ragazzo che avrebbe potuto essere al top altrove, nel baseball professionistico, ma che al momento sta giocando la sua ultima chance di poter tentare la carta nello sport che ama, la pallacanestro.
Una stagione tra panchina, abbondantemente seduto, qualche sprazzo e tanto, forse troppo tempo per riflettere. Da Baltimora si chiedono ancora perché sprechi la sua carriera aspettando una chiamata in un mondo che sembra averlo respinto, quando invece le sue mani potrebbero essere più pregiate di quelle di un pianista. Pat è un double sport, uno di quelli che al college, avevano il posto da titolare e protagonista in due sport di punta: più facile per struttura fisica ipotizzare ai casi di unione tra football e basket, vedi Nate Robinson o Andre Miller, per citare casi più recenti, più difficile immaginare la coesione tra il baseball e la pallacanestro.
Sensibilità e tempi differenti, fasi di recupero e finanche infortuni diversi, lo stesso Jordan che veniva da una famiglia di esperti con la mazza di Babe ha testimoniato con la sua esperienza ai Barons che non è facile conciliare le due cose. Eppure la scelta di Pat è quella di provarci. Non molti sanno però, che lui è un late draft per la Nba, ma un discreto high drafted per la Mlb, con i Baltimore Orioles che gli hanno già pagato un buyout alla firma di 428.000 $ che non gli hanno ritirato nonostante la sua scelta, perchè sperano tanto di poterlo vedere fruttare, dopo averlo visto giocare per un totale di 24 inning e poco più con la casacca di una delle squadre dell’organizzazione, Aberdeen.
Ma Connaughton, che è senza dimenticarlo un laureato di Notre Dame, uno di quelli che ha bilanciato studio e attività sportiva, nonostante sia alle prese col fronteggiare un sogno che potrebbe non realizzarsi, ha voluto mandare un messaggio al franchigia dell’altro sport. Aspetterà Las Vegas e vedrà cosa ne esce, ma quello che ha rimarcato è che comunque vada, ne uscirà un atleta e soprattutto un uomo migliore di quello che gli stessi Orioles han visto ad Aberdeen. Perché, secondo quello che dice il giocatore, “crescere giorno dopo giorno, fare sacrifici per migliorarsi quando si potrebbe accettare una strada più facile, permette davvero di andare avanti e credere che nulla sia impossibile”.
Detto della sua tenacia, di quella che, fuori dall’ambiente ufficiale, dai rumors che trapelano, gli permette di continuare ad allenarsi come pitcher mentre non è impegnato con una palla da basket sul parquet, la sua storia, che non è la classica vicenda americana ma ci va vicino, dimostra ancora una volta che lo sport, in certi contesti, sa essere palestra di vita molto più di quello che il business intorno rappresenti. E la dimostrazione avviene non solo dalle tante parole spese da chi lo ha conosciuto su di lui, ma anche che l’unico lusso che ha voluto concedersi con i soldi dalla sua attività, è stata quella di comprare una macchina nuova, una Jeep Wrangler per la precisione, e che lo spinge a rifiutare le grandi proposte finchè non sarà sicuro di poter aver dato tutto.
Gli Orioles, che non avendo mai in alcun modo pensato di riprendersi quel mezzo milione di dollari, avranno la possibilità e la priorità di tenerlo a roster, nel caso scegliesse il baseball, fino al 2020 sono lo specchio di valori che forse non si rivedono più, mentre la sua dedizione alla causa e nel voler andare in fondo, come se non ci fosse un domani, rispecchiano quei sentimenti ed emozioni che ci spingono ad amare lo sport, e magari anche maldestramente a praticarlo. Perché forse, romanticamente pensando alla pallacanestro, e partendo da un base di un pitcher, che mantiene quella palla con le cuciture per tutto il tempo che ritiene necessario, lo sport è solo fatto di “inning” e quindi tendenzialmente, come il baseball, infinito e senza orologio, e non bisogna mai dimenticare che la prossima palla potrebbe essere quella che cambia una carriera o una vita, e bisognerà prima guadagnarsela, e poi, se ci si riesce, prenderla.