Greg Oden: una carriera in attesa di un sogno nel mezzo di troppi incubi
I sogni di una vita, specie quelli della giovinezza, possono trasformarsi negli incubi di quello che non avremmo mai voluto essere, e che purtroppo troppo spesso ci dobbiamo trovare a fronteggiare. Tra le aule di Ohio State si aggira ancora, a 10 anni di distanza dall’ultima volta, un ragazzo che ora appare sul viso più giovane dei 29 anni che la carta d’identità recita, ma che era diventato, in un battito di ciglia il grande vecchio, la montagna che cammina, un sole che non sarebbe mai stato eclissato. Greg Oden non è più il giocatore che aveva stupito tutti a Ohio State, partendo in una gara anonima dalla panchina contro Valparaiso e volato solo 32 gare dopo in Nba, per quello che doveva essere l’inizio di un sogno.
Aveva avuto un problema al polso, tra la fine della sua carriera liceale in Indiana e l’approdo in Ohio, ma era sempre stato forte, come il suo corpo d’ebano, scattante, veloce e combinato con una visione di gioco senza precedenti per un pivot. Doveva essere un percorso in discesa, ma il ginocchio destro ha ceduto, troppe volte, e l’eclissi è giunta a oscurare il tutto. In America criticano tanto gli “one and done” ovvero quelli che alla Ben Simmons, spendono un anno non molto proficuo al college per farsi eleggere al draft Nba, senza un minimo di istruzione. Greg Oden non avrebbe mai voluto tutto questo.
Si è registrato nuovamente in quelle classi da cui si era allontanato qualche anno fa, forse troppi, non è più l’eroe di una Final Four che finì persa, quello che impiegava 45 minuti per andare, ma anche no, alle lezioni, che avvisava il suo coach che non avrebbe più proseguito gli studi e che ora porta il peso di quella serie di infortuni che infine lo ha riportato tra quegli ambienti. Le scale sono pesanti, quasi come il peso delle pressioni che ha dovuto subire al suo ingresso nel mondo del basket Nba e che ha finito per distruggerlo.
Cerca di mantenersi in forma, alza ancora qualche peso nella palestra dove tutti lo guardano, stupiti, ma non ha più niente da dimostrare come invece accadeva prima. Da una mano alla prima squadra come assistente allenatore, ma il basket è una spirale che non tocca più la sua vita così da vicino. Spesso pensa che forse se non ci fosse mai stato quell’incremento di altezza, quel fisico così imponente, niente di tutto questo sarebbe mai successo. La sua vita ha avuto un picco negativo non solo per l’infortunio, che lo ha estromesso, nonostante i tanti tentativi di rientro, dalla pallacanestro, ma anche per le accuse di aggressione, poi rivelatesi fondate, per aver aggredito la sua ex fidanzata.
Ora la sua unica prerogativa è la laurea, finire un percorso mai iniziato, dare un punto di arrivo a una vita che si è interrotta tante volte, come quando l’orologio batte le ore in una camera operatoria. Forse l’operazione più difficile della sua vita è quella di cambiare ogni dettaglio della sua esistenza, magari non potrà rimpicciolire le sue misure, e non saprà correre e saltare come una volta, ma potrà rappresentare un esempio vero e sincero per tutti coloro che scelgono lo sport all’istruzione. Non sempre il talento è tutto, e anche alle nostre latitudini, se c’è chi va ad Ibiza e si salta la maturità e chi invece, una sera dopo la vittoria scudetto e una dopo una finale mondiale si fa scritti e orali, bisognerebbe portare esempi non sempre di chi ce l’ha fatta, ma anche e soprattutto di chi, purtroppo, ha fallito.
Aveva detto di voler provare a tornare in campo, ma poi guarda alla sua gamba e già la sente scricchiolare ancora. È di nuovo vicino a coach Matta e prova a far lavorare i suoi lunghi. Sarà una nuova vita o forse no, ma forse ciò che conta adesso non è cosa faccia, ma che possa essere di nuovo un ragazzo felice, come tutti gli altri, a cui magari deve solo essere concessa la possibilità di essere normale e non più straordinario.