What if.. E se i Pistons avessero scelto Carmelo Anthony?

Come sarebbe potuta essere la storia dei Detroit Pistons se invece che Darko Milicic avessero scelto Carmelo Anthony al draft del 2003
26.11.2014 15:03 di  Luca Servadei  Twitter:    vedi letture
Darko Milicic
Darko Milicic
© foto di Web

With the second pick in the 2003 NBA draft, the Detroit Pistons select: from Syracuse University, Carmelo Anthony”.

No, nessun errore, e, potete stare tranquilli, nessuno della redazione è improvvisamente ammattito. Semplicemente, attraverso un giochino (forse un po’ stupido) abbiamo voluto provare ad immaginare, cosa ne sarebbe stato dell’ultima decade di basket NBA, se i Detroit Pistons, invece di commettere uno dei più imperdonabili errori della storia dello sport professionistico americano, avessero semplicemente compiuto the right choice.

E quello di saper compiere la scelta giusta è da sempre un argomento diffusamente dibattuto, se è vero che già nell’VIII secolo a.C, Esiodo, affermava che “la giusta scelta del momento è in tutte le cose il fattore più importante”. Forse, Joe Dumars, tra lo studio e l’applicazione di una “Jordan Rule” e l’altra, non ha mai avuto il tempo di dedicarsi alla lettura dei grandi classici.

26 giugno, 2003, Madison Square Garden, New York. I Pistons, sono reduci da una stagione da 50 vinte e 32 perse che è valsa alla squadra di Rick Carlisle il primo posto ad est ed una finale di conference, raggiunta certamente più grazie al duro lavoro ed al gioco di squadra che al talento dei singoli. Per questioni legate a precedenti scambi ed all’acquisizione di diritti su scelte non protette, Detroit si trova per la mani la chiamata numero 2 in uno dei draft più ricchi di talento di ogni epoca, secondo (forse) solo alla cucciolata del 1984.

La squadra, costruita sull’asse play-pivot: Chauncey Billups-Ben Wallce, può contare anche sul talento offensivo di un realizzatore seriale del calibro di Rip Hamilton e sulle braccia chilometriche dello pterodattilo Tayshaun Prince, al suo primo anno in NBA ma già in grado di marcare senza alcuna difficoltà almeno 4 posizioni del quintetto avversario. Ciò che manca, evidenziato oltremodo nello sweap subito dai New Jersey Nets di Kidd, Martin e Mutombo, sono centimetri e muscoli sotto canestro, dove il solo “Big BenWallace, per quanto roccioso come i moai dell’Isola di Pasqua, non è sufficiente per provare a conquistare l’Anello di Campioni.

Da qui, dopo giorni di consultazioni, fumate bianche e testine di vecchi videoregistratori consumate a furia di VHS provenienti da Vršac, Serbia, la scelta per certi versi sorprendente di affidare il futuro della franchigia al giovanissimo Darko Miličić da Novi Sad: 213 cm per 125 chili e 18 candeline appena soffiate da una gigantesca crostata ai frutti di bosco.

Per dovere di cronaca e correttezza d’informazione, dobbiamo ricordare che nella stagione successiva, a Detroit arriverà in panchina il guru Larry Brown e che la squadra si rinforzerà notevolmente con l’ingaggio di una delle superstars più controverse della lega: Rasheed Wallace. Al termine di una finale alla “Davide contro Golia”, i Pistons piegheranno i favoritissimi Los Angeles Lakers di O’neal, Bryant, Payton e Malone, conquistando il terzo titolo NBA della propria storia, l’ultimo, almeno fino alle ore 15.00 del 26 novembre 2014. Il tutto, però, certamente non grazie al contributo della seconda scelta Darko, che chiuderà il suo anno da rookie con 34 partite all’attivo, ed 1.4 punti di media in 4.7 minuti sul paruqet.

Ed eccolo, il tanto atteso: What if?..

Joe Dumars, finalmente sgravato dai compiti di marcare e mettere letteralmente le mani addosso a Michael Jeffrey Jordan, passa l’offseason leggendo le opere della letteratura greca e latina, e, folgorato, decide di chiamare il 19enne “Freshman of ther year”, che aveva appena guidato gli Orangemen al primo titolo NCAA della propria storia: Carmelo Kyam Anthony, da Brooklyn, New York.

Passiamo al condizionale:

L’arrivo di un talento offensivo del calibro del numero 7 avrebbe probabilmente relegato al ruolo di sesto uomo il giovane Tayshaun Prince, prezioso in uscita dalla panchina per 25/28 minuti di difesa nuda e cruda, privato completamente di una qualsivoglia responsabilità offensiva. L’attacco di Detroit, basato esclusivamente sulle letture di Chauncey Billups e sui tagli di Rip Hamilton, avrebbe potuto fare affidamento anche sui 21.0 punti (probabilmente qualcosa in meno, lontano da Denver, in cui era l’anima della sqaudra), della macchina Carmelo al suo primo anno in NBA. L’arrivo di Sheed, avrebbe aggiunto, poi, la celeberrima ciliegina sulla torta, completando l’assemblamento di quella che, sarebbe potuta essere una delle rotazioni più complete, meglio assortite e vincenti di tutti i tempi. Per dirla alla LeBron James, ad oggi, i titoli, con ogni probabilità, sarebbero stati: “Not one, not two, not three, not four, not five, not six not seven..

Oltre che per i libri dei record e per la storia della franchigia, la right choice dei Pistons, sarebbe stata cruciale anche per la carriera dello stesso Anthony in primis, ormai giunto alla sua 11esima stagione NBA trascorsa tra il gelo delle Rocky Mountains e le luci della Grande Mela con la malinconica nomea di eterno perdente che lo accompagna come una gorilla sulla spalla. Con un paio di Anelli alle dita e qualche centinaia di punti in faretra in meno, forse, oggi, il suo nome sarebbe accostato a quelli dei vari Jordan, Bryant, Bird e Magic, fenomenali ma soprattutto vincenti proprio come il Carmelo passato attraverso le sliding doors del Madison Square Garden, in quel lontano pomeriggio di 11 anni fa.

Un adagio popolare afferma: “Con i se e con i ma, la storia non si fa..”, ma che si trattasse di un giochino stupido lo avevamo già premesso in apertura. Perciò, restando in tema: “Lettore avvisato..

P.S. In tutto questo non va dimenticato, che se Anthony fosse approdato davvero nella Motor City, probabilmente, ci saremmo anche evitati il “Melo-Drama” legato al trasferimento a NY solo qualche anno più tardi, il che, converrete, non sarebbe guastato..