Da Barry a Tex fino a Jackson: il darwinismo del Triangolo

La storia del Triangle Offense, da Barry a Jackson, quanti successi!
29.10.2014 09:00 di  Luca Servadei  Twitter:    vedi letture
Phil Jackson
Phil Jackson
© foto di Agenzia Aldo Liverani sas

Il triangolo no, non l’avevo considerato.. D’accordo ci proverò, la geometria non è un reato..” cantava un provocatorio e trasgressivo Renato Zero nel lontano 1978. Il triangolo cui si riferiva Renato Fiacchini, in Arte Renato Zero, il “cantattore” per eccellenza della scena musicale italiana, è ben diverso da quello oggetto della nostra trattazione, anche se, estrapolata dal proprio contesto originale, la citazione potrebbe benissimo sembrare un virgolettato di una delle prime conversazioni tra Phil Jackson e Michael Jordan, solo qualche anno più tardi.

In questo caso, il Triangolo in esame è però l’”Attacco Triangolo” o “Triple post offense” o “Trianlge Offense”, un sistema offensivo della pallacanestro, introdotto per la prima volta dall’Hall of Famer Sam Barry, quando questi allenava alla University of Southern California nei primi anni ’40, e che nulla ha a che vedere con "articolati" incontri amorosi. Barry, personaggio iconico nel panorama sportivo e culturale della Los Angeles del New Deal, non solo è unanimemente considerato come uno dei più grandi innovatori della disciplina, ma il suo sistema, seppur adeguatamente riveduto e corretto, rappresenta ancora oggi, settant’anni più tardi, un fin troppo inflazionato viatico per il successo.

Tra i numerosissimi trionfi, e gli incredibili record collezionati da Barry durante i suoi anni a USC, ce n’è uno che il coach difese e vantò con grandissimo orgoglio fino al momento dell’improvvisa dipartita. Sotto la sua guida i Trojans ottennero, infatti, la più lunga striscia di successi consecutivi nei confronti di un medesimo avversario: esattamente 40 contro i rivali di UCLA, ai quali evidentemente, il Triangolo era particolarmente indigesto. Di quella squadra facevano parte giocatori del calibro di Bill Sharman, Alex Hannum, Gene Rock e, soprattutto, un certo Tex Winter, che come una spugna assorbì tutti gli insegnamenti del maestro ridefinendo, una volta per sempre, il concetto di “sistema”.

Provando a semplificare all’osso i 7 comandamenti, tramandati dal “ProfetaBarry al discepolo Winter, possiamo affermare che il sistema dell’”Attacco a Triangolo” prende il nome da una delle sue caratteristiche chiave: ovvero la costituzione di un triangolo laterale (Sideline Triangle), formato da tre giocatori sul lato forte del campo (dove si trova il pallone). Lo scopo del sistema è quello di provare a coinvolgere tutti i membri del quintetto in un movimento unico e continuo in risposta al modo in cui la difesa avversaria si posiziona, ponendo enfasi sulle letture dei singoli attaccanti e sulle loro capacità di spaziatura.

Winter mostrò sin da subito di possedere le caratteristiche del predestinato. A 29 anni era già capoallenatore sulla panchina di Marquette, il più giovane di sempre per un college di Division I, mentre solo due anni più tardi sul “pino” di Kansas State University, trasformava gli Wildcats in una presenza fissa del Torneo NCAA. Proprio alla luce degli straordinari successi ottenuti a Manhattan, Winter, attirò su di sé l’interesse di Jerry Kruse, il GM dei Chicago Bulls, sulla cui panchina si sarebbe presto seduto un giovane figlio dei fiori nato nel Montana da ministri di culto protestanti: Phil Jackson.

Ed è proprio con Jackson che il “Triangle Offense” si trasforma da ambiguo strumento di controllo del gioco a vera e propria “arma di distruzione di massa”, in grado di rivoluzionare il mondo iper-competitivo dello sport professionistico americano. La sua reinterpretazione del sistema, filtrata attraverso la sua esplorazione della psicologia umanistica e la sua visione “zen” della pallacanestro e della vita in generale, ha condotto i Chicago Bulls di Jordan e Pippen alla conquista di 6 titoli NBA in 8 anni, ed i Los Angeles Lakers di Kobe e Shaq, prima e Kobe e Gasol, poi, ad altri 5 Anelli.

E’ chiaro che, da solo, il sistema Barry-Winter-Jackson, non può e non deve essere considerato come la panacea di tutti i mali, altrimenti qualsiasi squadra lo adotterebbe con la pretesa di aggiudicarsi il “Larry O’Brien Trophy” al termine della stagione. In tanti hanno criticato la reale funzionalità del sistema considerandolo eccessivamente complesso e giudicandolo sostanzialmente inutile in assenza di giocatori del calibro di Jordan o Bryant (dici niente..). Eppure un dato resta, per quanto, grandi, immensi, leggendari che siano, né MichaelKobe, hanno mai vinto senza.. Non so voi, ma nel dubbio, io, il Triangolo lo rifarei, perché no? Lo rifarei!!!