Da D'Antoni al 'Poz': come è cambiata la storia dell'All Star Game
Se nell’NBA è sempre stato Est contro Ovest, in Italia la formula dell’All Star Game è cambiata svariate volte, nonostante si tratti di una manifestazione relativamente giovane (prima edizione 1982). Inizialmente fu A1 contro A2, poi Nord contro Sud, un paio di edizioni congiunte con Spagna e Francia e la lunga epopea Nazionale italiana contro le stelle del campionato. Dall’anno scorso ci sono due selezioni miste di giocatori della massima serie, perché gli azzurri (soprattutto con il ct Pianigiani) rendevano la partita troppo ‘seria’ e con relativo poco spettacolo per avversari e pubblico.
La formula perfetta, tuttavia, non è stata trovata, ma principalmente per un motivo di mentalità: negli Stati Uniti è un onore partecipare a questa partita, dalle nostre parti in più di un’occasione si fa la corsa alla rinuncia per evitare di giocare, anche se quest'anno sono tantissimi gli infortunati 'veri'. Comunque, tanti grandi giocatori della nostra massima serie hanno partecipato e dato spettacolo in questo appuntamento, basta un po’ scorrere l’albo d’oro degli MVP o delle gare di contorno: da Mike D’Antoni a Oscar Schmidt, da Michael Ray Richardson a Dino Radja, per arrivare un po’ più recentemente a Carlton Myers e Danilo Gallinari.
L’edizione con il punteggio più alto fu quella del 1990, giocata al PalaEur di Roma, quando le due squadre (Nord-Sud) chiusero sul 182-176, per un totale di 358 punti, mentre la più ‘povera’ fu quella di due anni fa ad Ancona, quando l’Italia si impose per 76-59. Il 1989, sempre nella Capitale, fu teatro della miglior prestazione a livello individuale: Michael Ray Richardson, allora stella della Virtus Bologna, chiuse a quota 50 punti. In quegli anni arrivare a quota 30 era normale per i migliori marcatori, così come fecero l’anno scorso Mitchell (34) ed Eyenga (30). Domani speriamo di divertirci.