Scampato alle pallottole, Marcus Smart si gode l'NBA
Nella NBA ci sono dozzine di storie che riguardano ragazzi dall'infanzia difficile o addirittura tragica che hanno trovato nello sport prima una via di fuga e poi l'unico modo per aver successo nella vita. Non ci sono storie migliori o peggiori, esistono quelle che non ti possono scivolare via senza lasciarti qualcosa. Una è quella di Marcus Smart, rookie dei Boston Celtics scelto con la sesta chiamata assoluta all'ultimo draft
Quest'estate è tornato a Lancaster, sobborgo di Dallas denominato "1500 block", dove ha passato gran parte dell'infanzia. E' sceso dalla sua Mustang in abiti informali e appena ha messo piede sul suolo ha scosso la testa dicendo: "Questo è il posto dove non vorresti tornare" Quando Marcus diceva di venire da lì le persone gli toglievano la parola oppure addirittura scappavano da quanta paura facesse solo il nome.
Sebbene fosse il contorno della sua infanzia è anche stato lo sfondo di tutti i suoi momenti peggiori, compreso quando a 12 anni ha raggiunto il punto più basso della sua vita che gli ha permesso di dire "Basta, ora devo cambiare". Ha dovuto zigzagare tra le macchine di un parcheggio e alcuni palazzi per evitare una gang locale che aveva imbracciato armi e pistole per inseguirlo e sparargli. Dopo che aveva visto morire un giovane parente all'età di 16 anni in una sparatoria, si è definitivamente deciso a cambiare vita. Il ragazzo in gioventù si divertiva con gli amici a tirare sassi contro cose o persone, sfidando gli avversari a chi riuscisse a centrare l'obiettivo più lontano, ma una sera centrò volontariamente un uomo in biciletta che, dopo essere caduto a terra, lo inseguì fino al balcone di casa pistola alla mano. Aprendo la porta con l'intenzione di eliminare il ragazzo, si trovò davanti il fratello di Michael Smart, personaggio influente nelle situazioni più malfamate della città. Dallo spavento e dalle possibili conseguenze il potenziale omicida scappò.
Il fratello Michael vendeva droghe di ogni tipo a qualsivoglia ceffo della zona e per poco non morì di overdose molto giovane, ma Marcus cercò sempre di farlo tornare sulla retta via, riuscendoci solo parzialmente.
L'unica figura veramente importante per la vita di Marcus, oltre a mamma Camellia, è stato il fratello maggiore Todd, colui che lo portava in palestra, a scuola, dal barbiere e a comprare i vestiti, perchè nella cultura della famiglia era obbligatorio andare in giro con vestiti puliti, stirati e in modo educatamente decoroso. Todd era scampato ai tempi del college a un tumore all'occhio che non gli aveva impedito di tornare a giocare a basket più forte di prima facendosi soprannominare "come back Todd". La sua forza d'animo era un esempio per Marcus che però una sera, all'età di nove anni, dovette sentirsi dare la più brutta notizia possibile. Todd era malato di nuovo di tumore, ma questa volta allo stomaco. Non era curabile.
I due spesero pochissime parole e passarono la serata a piangere insieme. Marcus quell'anno volle un regalo: l'ultimo Natale con Todd.
Il fratello ce la fece, ma dopo qualche tempo venne ricoverato perchè la malattia aveva fatto il suo corso e gli avrebbe lasciato ancora pochi giorni di vita. Quando Marcus arrivò all'ospedale la famiglia era in lacrime. Il ragazzo provò a scuotere il fratello per svegliarlo, ma non ci fu modo. Lo baciò a andò dalla mamma che gli chiese: "Perchè hai i piedi così freddi?" "Perchè Todd non c'è più" -rispose il ragazzo-.
Da quel momento tutto il peso della famiglia fu sulle spalle di Marcus che andò al college e iniziò la sua ascesa nel basket, accantonando la sua prima vera passione, il football americano. Dopo la morte di Todd si concentrò sul basket, si trasferì con la famiglia a Flower Mound dove si ricongiunse con il miglior amico Phil Forte con cui giocò sia all'high school che a Oklahoma State.
Quando venne scelto dai Celtics festeggiò il momento con in mano una mappa del Texas, il logo di Oklahoma State e una copia del tautaggio che ha sul braccio: “RIP Todd”.
Se Auerbach e i Celtics lo hanno scelto e credono fermamente in lui anche dopo il balbettante inizio, un motivo c’è.
Non crediate che un 0-7 contro gli Houston Rockets, il 5-21 nel tiro da tre punti (praticamente la metà dei suoi tentativi) e una difficoltà al tiro possano impressionare un ragazzo che non ha più nulla che gli possa fare più paura di ciò che ha già superato.
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