NBA Finals: senza Irving, il titolo è quasi ipotecato

La diagnosi di quattro mesi per Kyrie è la mazzata definitiva alle speranze dei Cavs.
06.06.2015 16:00 di  Simone Mazzola  Twitter:    vedi letture
NBA Finals: senza Irving, il titolo è quasi ipotecato
© foto di Twitter Cavaliers

Il primo atto di queste NBA Finals ha confermato tutto quello che in molti avevano sottovalutato, ma che la storia ci ha insegnato, ovvero che in una finale può esserci un favorito, ma nessuno vincerà mai in carrozza. Anche la più forte squadra NBA dopo i Bulls del 72-10 come i Lakers 2001, dovettero sudare più camicie di quelle che era lecito aspettarsi per avere la meglio su dei Philadelphia 76ers evidentemente inferiori e con le ossa rotte.
I Warriors erano da tutti disegnati come i favoriti d’obbligo, ma anche loro hanno subito il primo impatto con le Finals partendo in modo contratto e vedendo scappar via i Cavs. Kyrie Irving è stato la vera differenza tra i Cavs della serie contro gli Hawks e quelli che danno l’assalto al titolo. La sua presenza in attacco è stata la degna deuteragonista di una prova leggendaria di LeBron, ma quello che in molti hanno sottovalutato è stata la sua applicazione difensiva contro Steph Curry, stoppato due volte di cui una nel penutilmo possesso che ha garantito almeno l’overtime.

Per fare della dietrologia, se fosse entrata la correzione di Iman Shumpert sul finire dei regolamentari staremmo parlando dei Cavs in vantaggio 1-0 e con più che legittime possibilità di titolo. Come spesso succede (insegna Derek Fisher e i suoi 0,4”) la storia è figlia anche di singoli episodi che possono cambiarne in modo drastico l’epilogo. Quando si è andati all’overtime, i Warriors hanno fatto valere la loro enorme profondità chiudendo la porta agli avversari, ma l’infortunio di Kyrie Irving ha devastato i cuori degli appassionati (e quelli dei Cavs). “Sono abbastanza preoccupato” –ha detto dopo il match- e ieri la diagnosi è stata impietosa: frattura della rotula e quattro mesi di stop.
Con questa notizia si spengono quasi sicuramente le speranze dei Cavs di vincere il primo titolo della propria storia, perché ora guardare la faccia buia della medaglia è fin troppo semplice. Se non si è riusciti a vincere con una partita da 44 di LeBron James e 22 di Kyrie Irving, sembra difficile che si possa violare la Oracle Arena senza il Robin di un Batman pur incredibile come LeBron. Servirebbe qualcosa di davvero particolare, ovvero che Jr Smith si metta a fare il Kyrie Irving (possibile in singola partita), ma che qualcun altro si metta a fare il JR Smith e via dicendo. Abbiamo visto che Blatt ha usato una rotazione ridotta ai minimi termini, comprendendo presto che Jones e DellaVedova possono dire la loro nella mediocre Eastern Conference, ma contro una squadra come i Warriors, faticano a stare in campo. Sarà un’impresa titanica per il coach campione d’Europa trovare delle soluzioni tattiche e risorse per ribaltare una serie che ha già quasi scritto nella pietra il risultato. Di certo perdere in poco tempo due giocatori come Love e Irving è un contraccolpo ingestibile per qualsiasi squadra e se vogliamo fare un parallelismo dovremmo togliere ai Warriors Thompson e Green, derubricandoli così a una buona squadra, ma sicuramente meno temibile.
Queste finals potrebbero finire molto in fretta rievocando l’ennesimo interrogativo su quanto i ritmi della stagione NBA influiscano negativamente sullo spettacolo e le battaglie che si disputano nei playoffs.